Olio, frutta e ortaggi
Patrimonio di biodiversità

Il tratto distintivo dell’azienda agricola Chimisso di Ururi, nel basso Molise

Articolo di Giuseppe Catapano
Pubblicato su qneconomia.quotidiano.net

Biodiversità locale come patrimonio da tutelare. È il tratto distintivo dell’azienda agricola Chimisso: una realtà profondamente legata al territorio in cui è nata – Ururi, piccolo paese collinare del basso Molise, equidistante dalla costa adriatica e dai monti Frentani – e che, per scelta del fondatore Giuseppe Chimisso, ha salvato «piante autoctone che erano state abbandonate o sostituite da varietà più produttive». Vuol dire che nei circa 11 ettari di terreno nascono tipologie di frutta, ortaggi e olio «che stavano scomparendo e che noi abbiamo salvato. Si tratta di prodotti con valori organolettici superiori alla media».


Dal pero cotogno agli olivi della varietà Gentile di Larino, sono diversi i ‘pezzi’ rari che rendono unico il patrimonio della Chimisso. Nata 15 anni fa come azienda agricola classica e oggi realtà che trasforma esclusivamente ciò che produce: sottoli, nettari, passate di pomodoro, confetture e olio extravergine di oliva «non sono acquistabili – spiega Giuseppe Chimisso – nei punti vendita della grande distribuzione o in altre attività commerciali, ma solo contattandoci direttamente. Questo per contrastare aumenti dei prezzi dovuti a inutili passaggi di intermediazione commerciale ».


I prodotti vengono venduti per lo più attraverso il canale online – che pesa per l’80% nel giro d’affari complessivo – e «a persone che hanno imparato ad apprezzare le nostre specialità. Da Roma, Ravenna e dal Trentino riceviamo la maggior parte degli ordini ». C’è un rapporto diretto tra produttore e consumatore «tanto che – continua Chimisso, che gestisce l’azienda con la compagna Giusy Salvatore – con i clienti effettuiamo una vera e propria programmazione quando è possibile. Riceviamo pre-ordini e in base a quelli riserviamo un’adeguata porzione di terreno per produrre ciò che ci viene richiesto. È un punto di forza, per noi si fa agricoltura così: l’artigianalità non deve mai venire meno».


Anche perché l’obiettivo è quello di «salvaguardare la tipicità locale, sempre più sopraffatta da sapori standard che spesso risultano lontani da quelli autentici, perché modulati in base alle richieste del mercato. Noi rispettiamo i tempi della natura, non forziamo le produzioni, non utilizziamo conservanti o coloranti: il rispetto di questa biodiversità ereditata nel tempo – continua Chimisso – contribuisce alla conservazione di un naturale equilibrio dell’ecosistema. È un po’ la filosofia dei vignaioli francesi, con il terroir e la varietà tipica. Noi lo facciamo con frutta e ortaggi del territorio, tenendo vive varietà a rischio di estinzione».


Un’altra particolarità è la gestione delle fasi di produzione. «La raccolta è eseguita manualmente e, nella trasformazione, è ridotta all’essenziale la meccanizzazione. Il confezionamento viene effettuato scrupolosamente». La Chimisso impegna quattro dipendenti in laboratorio, mentre la raccolta è affidata a manodopera esterna. «Il futuro? Non vogliamo espanderci troppo, proprio per continuare a lavorare in modo artigianale. È una scelta mia e della mia compagna: vogliamo realizzare prodotti di qualità senza perdere il controllo delle materie prime, dei campi e della fase di trasformazione. Nelle etichette c’è il mio nome: è come se ci mettessi la faccia».